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La nuova frontiera degli impianti neurali è la vista artificiale

L'impianto bypassa occhi e nervo ottico, inviando stimoli elettrici alla corteccia visiva.

Lo sviluppo di dispositivi in grado di fornire un rudimentale senso della vista alle persone non vedenti è al centro dell'attenzione di aziende come Neuralink di Elon Musk.

Brian Bussard è il primo partecipante ad uno studio che sta testando un dispositivo wireless posizionato nel cervello per generare una visione rudimentale. Bussard ha 56 anni ed è completamente cieco dal 2016 a causa di un distacco della retina su entrambi gli occhi. Grazie ai 25 chip impiantati nel suo cervello, Bussard ora ha una vista artificiale molto limitata: la descrive come "puntini luminosi su uno schermo radar". Con l'impianto riesce a percepire persone ed oggetti rappresentati da punti bianchi e iridescenti.

Bussard fa parte di un numero ristretto di persone non vedenti che in tutto il mondo si sono sottoposte a rischiosi interventi di chirurgia cerebrale per ricevere una protesi visiva. Anche aziende come Cortigent e Neuralink di Elon Musk stanno lavorando su impianti cerebrali per la vista. Secondo Musk, il dispositivo di Neuralink chiamato Blindsight "funziona già nelle scimmie" e "inizialmente la risoluzione sarà bassa, come i primi videogiochi Nintendo, ma alla fine potrebbe superare la vista umana normale".

Tuttavia, considerando la complessità della vista, è improbabile che quest'ultima previsione si avveri. Esistono enormi barriere tecniche per migliorare la qualità di ciò che le persone possono vedere con un impianto cerebrale. Tuttavia, anche generare una vista rudimentale potrebbe fornire agli individui non vedenti una maggiore autonomia nella vita quotidiana.

Questi dispositivi bypassano completamente l'occhio e il nervo ottico, inviando informazioni direttamente al cervello. L'area specifica del cervello che elabora le informazioni ricevute dagli occhi è chiamata corteccia visiva. Per posizionare i 25 chip nel cervello di Bussard, i chirurghi hanno eseguito una craniotomia di routine per rimuovere una parte del suo cranio.

I chip nel cervello di Bussard sono in realtà minuscoli stimolatori che emettono una leggera corrente elettrica. Ogni chip è grande come una gomma da cancellare e contiene 16 minuscoli elettrodi, ciascuno più sottile di un capello umano. In totale, Bussard ha 400 elettrodi impiantati. Una telecamera montata su un paio di occhiali cattura l'ambiente circostante. Le immagini vengono elaborate da un software speciale e tradotte in comandi che comunicano con la rete di chip, attivando singoli elettrodi per stimolare i neuroni. La stimolazione produce percezioni visive chiamate fosfeni che sembrano punti di luce, anche se in realtà nessuna luce raggiunge l'occhio.

Produrre immagini migliori è una delle principali sfide di questi sistemi. Più elettrodi ci sono, più fosfeni si potrebbero teoricamente produrre e più forme complesse si potrebbero generare artificialmente. Tuttavia, un maggior numero di elettrodi potrebbe richiedere un intervento chirurgico più invasivo.

Finora questi dispositivi sono ancora in fase sperimentale e non offrono una vista come quella naturale. Il loro scopo principale è migliorare l'orientamento e la mobilità delle persone non vedenti. Una delle sfide è personalizzare gli impianti per prestazioni ottimali. Ogni corteccia visiva è leggermente diversa, quindi i ricercatori devono sperimentare con la posizione degli elettrodi impiantati e la quantità di stimolazione elettrica da erogare.

Un'altra questione irrisolta riguarda la durata di questi dispositivi nel cervello. Gli studi attuali utilizzano dispositivi che possono funzionare da mesi ad anni, ma smettono di funzionare quando si forma del tessuto cicatriziale attorno all'impianto. Neuralink e altre aziende stanno sviluppando dispositivi con elettrodi più piccoli e flessibili che penetrano nel cervello. Questi nuovi elettrodi potrebbero potenzialmente migliorare la longevità di un impianto, ma resta da vedere quanto a lungo dureranno queste alternative nel cervello.

Inoltre, non è chiaro se la durata della cecità di una persona influenzi il funzionamento di questi dispositivi. Finora gli studi hanno coinvolto persone che avevano perso la vista da adulti, ma non è noto se i dispositivi possano funzionare anche su persone nate cieche.

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